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In questa silloge, Vincenzo Penna schiude il proprio complesso mondo interiore attraverso un linguaggio che attinge a tutte le risorse del suo bagaglio emotivo; un linguaggio fortemente espressivo che trascina il lettore verso frammenti di esistenza vissuta e meditazioni che investono una realtà più ampia, quella della comunità umana in cui l'autore vive e di cui vive dolorosamente, come proprie, le umane tragedie.